Cosa significa prediabete?
Per definizione, il significato del termine “prediabete” corrisponde alla presenza di un’alterazione della concentrazione del glucosio nel sangue (glicemia) e, in particolare, al riscontro di valori al di sopra della soglia ritenuta normale (iperglicemia), ma non così elevati da poter emettere una diagnosi di diabete di tipo 2.
Tuttavia, in alcuni casi il prediabete può precedere la diagnosi di diabete di tipo 2 vero e proprio. Pur non essendo di per sé una malattia, il prediabete merita quindi molta attenzione e interventi mirati soprattutto sul fronte della dieta e delle abitudini di vita, per evitare che la situazione evolva in modo sfavorevole.
In passato, il prediabete e il diabete di tipo 2 riguardavano pressoché esclusivamente la popolazione adulta, mentre negli ultimi due decenni queste condizioni si riscontrano sempre più spesso anche in bambini e adolescenti, generalmente in associazione a stati di sovrappeso e obesità.
Il prediabete può svilupparsi anche nella donna durante la gravidanza, condizione di per sé associata a una maggiore probabilità di iperglicemia e, in alcuni casi, all’insorgenza di un vero e proprio “diabete gestazionale”, che generalmente regredisce dopo la nascita del bambino. La presenza di sovrappeso o prediabete prima della gravidanza aumentano il rischio di sviluppare diabete gestazionale, mentre il riscontro di diabete o prediabete in gravidanza indica che la donna ha una predisposizione, genetica o metabolica, a sviluppare diabete di tipo 2 negli anni successivi.
La buona notizia è che dal prediabete si può “guarire” o, più precisamente, l’alterazione della glicemia che lo caratterizza può essere fatta regredire, ripristinando uno stato “normoglicemico”, grazie a una dieta a ridotto apporto di carboidrati e bilanciata dal punto vista calorico, all’aumento dell’attività fisica, alla riduzione del peso corporeo in eccesso e, se necessarie e indicate dal medico, ad alcune terapie farmacologiche. Scopriamo insieme come riconoscere il prediabete e che cosa fare per affrontarlo.
Sintomi e cause del prediabete
In base alle stime epidemiologiche, circa una persona su tre dell’intera popolazione americana adulta si trova in uno stato di prediabete, ma più dell’80% non ne è consapevole. I sintomi del prediabete sono infatti spesso assenti o così modesti da venire del tutto trascurati da chi ne è interessato, rendendo difficile sospettare la presenza di questa condizione a meno di non ricercarla attivamente con test diagnostici mirati, che possono essere prescritti in presenza di sintomi tipici dell’iperglicemia o indicativi di una possibile comparsa di diabete di tipo 2, come per esempio:
- aumento della sete
- frequente bisogno di urinare
- aumento della fame
- stanchezza non giustificata/fatigue
- visione offuscata
- formicolii a mani e piedi
- infezioni frequenti (specie, infezioni fungine)
- rallentata guarigione delle ferite
- involontaria perdita di peso.
Soltanto in alcuni casi, il prediabete può essere segnalato dalla comparsa di sintomi sulla pelle, in particolare dalla presenza di aree di cute più scura in alcune parti del corpo, come il collo, le ascelle e la zona inguinale.
Ma quali sono le cause all’origine del prediabete? Al momento, a questa domanda si può rispondere soltanto in parte. La predisposizione genetica e la storia familiare giocano sicuramente un ruolo importante, ma che resta da precisare nei dettagli. Ciò che è chiaro è che le persone in uno stato di prediabete non sono in grado di utilizzare il glucosio presente nel sangue in modo efficiente per ragioni analoghe a quelle tipiche del diabete di tipo 2, ossia a causa di un’inefficiente produzione di insulina da parte del pancreas combinata con una ridotta capacità di usare l’insulina da parte delle cellule d’organismo (insulino-resistenza periferica). Il risultato è che il glucosio resta nel sangue in una quantità superiore al normale e fa aumentare la glicemia.
Ben noti e verificati sono, invece, i fattori di rischio che aumentano la probabilità di sviluppare prediabete, ossia:
- sovrappeso/obesità, soprattutto se la massa grassa si concentra a livello addominale (obesità viscerale)
- girovita eccessivo, generalmente correlato alla gravità dell’insulino-resistenza
- dieta inadeguata, troppo ricca di zuccheri semplici, bibite zuccherate, carni rosse e alimenti processati (tutti cibi da evitare o consumare in piccole quantità)
- sedentarietà/scarsa attività fisica
- età superiore a 35 anni (anche se il prediabete può svilupparsi a ogni età)
- storia familiare di iperglicemia o diabete di tipo 2
- etnia africana o afroamericana, ispanica, latino-americana, asiatica e nativi americani
- storia di diabete gestazionale o sindrome dell’ovaio policistico (nella donna)
- presenza di disturbi del sonno, come la sindrome delle apnee ostruttive (peraltro, più frequente tra persone in sovrappeso/obese)
- fumo di sigaretta.
Questi stessi fattori di rischio aumentano la probabilità di sviluppare anche una sindrome “prediabetica” più complessa, indicata come “sindrome metabolica”, che consiste nella combinazione di almeno tre elementi sfavorevoli per la salute cardiovascolare tra: iperglicemia/prediabete; ipertensione; bassi livelli nel sangue di colesterolo “buono” o HDL (High Density Lipoproteins cholesterol); elevati livelli nel sangue di trigliceridi; girovita eccessivo.
Come identificareil prediabete
In base ai criteri diagnostici delle linee guida dell’American Diabetes Association (ADA) 2022, sovrapponibili a quelli degli Annali dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) del 2018, l’identificazionedel prediabete si basa sulla valutazione della glicemia, della tolleranza al glucosio e/o dei livelli di emoglobina glicosilata (in sigla, HbA1c), generalmente misurate in soggetti considerati a rischio di sviluppare diabete di tipo 2 (in particolare, in tutti i casi sovrappeso/obesità e nelle donne con storia di diabete gestazionale) e/o a partire dai 35 anni.
Tutti questi test per la diagnosi predittiva o per la diagnosi differenziale di prediabete possono essere effettuati attraverso un semplice esame del sangue, dopo un comune prelievo.
Il test della glicemia a digiuno è quello più semplice ed eseguito più spesso. Per ottenere un risultato attendibile è richiesto un digiuno di almeno 8 ore prima dell’esame del sangue e, per comodità, viene generalmente effettuato al mattino prima della colazione. I livelli di glucosio nel sangue vengono espressi in milligrammi per decilitro (mg/dl) oppure come millimoli per litro (mmol/l) e i range di valori di glicemia in base ai quali si effettua la diagnosi sono i seguenti:
- al di sotto di 100 mg/dl (5,6 mmol/l): normalità;
- da 100 a 125 mg/dl (5,6-6,9 mmol/l): prediabete;
- da 126 mg/dl (7,0 mmol/l) in su, riscontrato in due test separati: diabete.
Il test dell’HbA1c viene eseguito, non tanto per conoscere il livello della glicemia al momento dell’esame del sangue, ma per avere un’indicazione del livello medio di glucosio nel sangue presente nei 2-3 mesi precedenti (più è stato alto e maggiore sarà la quota di emoglobina glicosilata presente). In questo caso, non è indispensabile effettuare il prelievo a digiuno e i range di valori considerati sono:
- al di sotto del 5,7%: normalità;
- dal 5,7% al 6,4%: prediabete;
- dal 6,5% in su, riscontrato in due test separati: diabete.
Il test di tolleranza orale al glucosio viene eseguito meno comunemente rispetto ai due già citati, tranne che in gravidanza, quando la determinazione dell’emoglobina glicosilata può fornire esiti imprecisi. Per effettuarlo, si deve arrivare in ambulatorio a digiuno da almeno 8 ore e si deve bere una soluzione contenente una quantità di glucosio predefinita (75 grammi). Dopo due ore viene eseguito un prelievo di sangue per misurare i livelli della glicemia. In questo caso, i range di valori considerati sono:
- al di sotto di 140 mg/dl (7,8 mmol/l): normalità
- da 140 a 199 mg/dl (7,8-11,0 mmol/l): probabile prediabete
- da 200 mg/dl (11,1 mmol/l) in su: ridotta tolleranza al glucosio e probabile diabete.
Se i test diagnostici eseguiti indicano che è presente una condizione di prediabete, il medico fornirà consigli di stile di vita ed, eventualmente, una terapia farmacologica per contrastare l’iperglicemia riscontrata, pianificando poi nuovi controlli della glicemia almeno una volta all’anno, per rivalutare di volta in volta diagnosi e trattamento. In caso di esito normale, invece, gli stessi esami dovrebbero essere ripetuti ogni tre anni.
Si guarisce dal prediabete?
Innanzitutto, come anticipato, il prediabete non è di per sé una malattia, ma una condizione che aumenta la probabilità di sviluppare diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari acute e croniche. Pertanto, parlare di “come si cura” il prediabete non è del tutto appropriato. Indubbiamente, però, si tratta di una condizione “reversibile”, nel senso che le alterazioni dei livelli di zuccheri nel sangue riscontrate possono essere corrette e tenute sotto controllo.
Dal momento che il prediabete è fortemente legato allo stile di vita, l’approccio più efficace e privo di effetti collaterali per farlo regredire consiste nel modificare le proprie abitudini, scegliendo meglio che cosa mangiare, quanto e quando (preferibilmente, facendosi indicare un piano alimentare da un medico dietista o da un nutrizionista), riducendo la sedentarietà in favore di una maggiore attività fisica e intraprendendo programmi di allenamento regolari (meglio se su base personalizzata), specie se sono presenti sovrappeso/obesità e perdendo i chili di troppo in caso di sovrappeso.
Sul fronte della dieta gli alimenti da mangiare in via preferenziale sono sicuramente la verdura e la frutta fresche, piccole quantità di frutta secca (noci e mandorle, in particolare), cereali integrali (in dosi compatibili con le esigenze caloriche e di dimagrimento) e l’olio d’oliva (in quantità moderate e a crudo). Più in generale, vanno scelti cibi con basso contenuto di grassi e calorie e ricchi di fibre (che aiutano a rallentare l’assorbimento degli zuccheri e, quindi, il picco di glicemia dopo i pasti), variando il più possibile.
Dati preliminari indicano che, oltre alla dieta mediterranea, anche la dieta chetogenica e il digiuno intermittente potrebbero essere utili in caso di prediabete. Tuttavia, è sempre necessario rivolgersi a un nutrizionista per ricevere indicazioni personalizzate sul regime alimentare più adatto.
Se il prediabete viene individuato prima o durante la gestazione, è indispensabile che la dieta in gravidanza sia strutturata da un medico nutrizionista esperto, preferibilmente nel contesto di un ambulatorio dedicato alla cura del diabete gestazionale. Allo stesso modo, intensità e tipologia dell’attività fisica devono essere concordate con il ginecologo, in relazione alle caratteristiche individuali e alla fase della gravidanza o problematiche specifiche.
Reference
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