Una glicemia troppo elevata aumenta i rischi per la salute. Per correre ai ripari non è necessario che il glucosio nel sangue superi i limiti oltre i quali si parla di diabete, anzi, già quando è compreso tra i 100 e i 125 mg/dL (una condizione detta “prediabete”) è bene agire per evitare che la situazione si aggravi.
Lo stile di vita gioca un ruolo fondamentale nella gestione del prediabete. Fra i fattori su cui agire c’è il controllo del peso: per esempio, in caso di sovrappeso o obesità, perdere intorno al 7% del proprio peso corporeo aiuta a evitare che il prediabete evolva in diabete.
Per quanto riguarda l’alimentazione, secondo recenti studi non conterebbe solo quello che si mangia, ma anche quando; in particolare, si parla molto dei benefici del cosiddetto digiuno intermittente. Di cosa si tratta? È davvero una strategia utile contro il prediabete?
Cos’è il digiuno intermittente
Il digiuno intermittente è una pratica comune in molte culture e tradizioni religiose che prevede la limitazione periodica, parziale o totale, delle calorie assunte con cibo e bevande.
Esistono diverse forme di digiuno intermittente:
- il digiuno periodico, che prevede di digiunare fino a 24 ore 1 o 2 volte alla settimana, mangiando a piacere nei restanti giorni
- il time-restricted feeding (alimentazione a tempo limitato), che prevede, ogni giorno, di limitare il consumo di cibo nell’arco di 8 ore e di digiunare nelle restanti 16 ore
- il digiuno a giorni alterni, che prevede di digiunare o ridurre drasticamente l’apporto calorico quotidiano (che può raggiungere un massimo del 25% del fabbisogno energetico quotidiano) per 24 ore, seguite da altre 24 ore in cui è possibile mangiare a piacere
- la dieta 5:2, che prevede di ridurre l’apporto energetico a 500 Kcal per le donne e 600 Kcal per gli uomini in 2 giorni non consecutivi della settimana e di mangiare senza limitazioni prefissate, ma senza esagerare, negli altri giorni.
L’ipotesi è che astenersi periodicamente dal consumo di cibo possa sia indurre deficit calorici utili per perdere peso sia migliorare il metabolismo. In particolare, dato che la sensibilità all’insulina (l’ormone che controlla l’ingresso del glucosio nelle cellule) si riduce nelle ore notturne, mangiare solo durante il giorno aiuterebbe a sincronizzare l’assunzione di cibo con la produzione di ormoni dopo i pasti.
Di conseguenza, il digiuno intermittente aiuterebbe a regolare l’espressione dei geni del ritmo circadiano (che sincronizza le funzioni dell’organismo con lo scorrere delle ore del giorno), a riprogrammare il metabolismo energetico a livello dei suoi meccanismi molecolari e a migliorare il controllo del peso.
Gli effetti del digiuno intermittente sui livelli di glucosio nel sangue
Gli studi condotti fino a oggi sembrano incoraggiare l’uso del digiuno intermittente per gestire il prediabete. Fra i parametri che migliorano adottando questa strategia sono inclusi il peso, il girovita, i livelli di insulina e la sensibilità alla sua azione, l’attività delle cellule che la producono (cellule-beta), la pressione e lo stress ossidativo. Non sempre, però, è stata osservata una riduzione della glicemia, forse a causa di alcuni difetti nei protocolli di studio.
Risultati delle ricerche alla mano, il digiuno intermittente (e, più nello specifico, il time-restricted eating) può essere una strategia sicura e tollerabile attraverso cui ottenere benefici cardiovascolari e metabolici in caso di prediabete.
Tuttavia, i dati a disposizione sono limitati e solo ulteriori studi potranno confermare l’utilità a lungo termine di questo approccio.
Nel frattempo, chi decide di tentare questa strada per gestire il suo prediabete dovrebbe farlo guidato dal medico curante, che potrà anche valutare se sia il caso di adeguare eventuali terapie in corso.
Fonti
1. Ojo TK et al. Role of Intermittent Fasting in the Management of Prediabetes and Type 2 Diabetes Mellitus. Cureus. 2022 Sep 5;14(9):e28800. doi: 10.7759/cureus.28800
2. Lin X et al. Time-restricted eating for patients with diabetes and prediabetes: A systematic review. Front Nutr. 2022; 9: 1025919. doi: 10.3389/fnut.2022.1025919